Oggi la Campagna Abiti Puliti, nell’ambito dell’iniziativa Change your shoes, lancia il nuovo report “Guarda dove metti i piedi”. Attraverso un’approfondita ricerca sul campo condotta negli stati federali di Tamil Nadu e Uttar Pradesh in India, lo studio analizza le dannose condizioni ambientali e di lavoro nelle concerie della pelle. Le due regioni, che ospitano varie concerie, centri di produzione ed esportazione di pelle anche verso l’Unione Europea, sono caratterizzate da livelli anormali di inquinamento idrico e del suolo, danni ambientali e rischi sanitari per i lavoratori e le comunità circostanti. La ricerca ha evidenziato come tali problemi derivino da un trattamento incauto di acque reflue e rifiuti solidi derivanti dal processo di concia.

Il rischio più significativo è legato all’uso del Cromo III che in determinate circostanze può trasformarsi nel più tossico e cancerogeno Cromo VI (CrVI) e diventare una seria minaccia per i lavoratori e le lavoratrici. La ricerca sul campo ha rivelato che i rifiuti solidi e le acque reflue non trattate contenenti Cr (VI) sono spesso abbandonati su terreni aperti, contaminando per decenni i corpi idrici circostanti, compresa l’acqua potabile. Inoltre, l’acqua di irrigazione ricca di Cr (VI) e i fanghi di depurazione hanno danneggiato i terreni e le coltivazioni che circondano le concerie, mettendo così a rischio la sopravvivenza dell’intera popolazione rurale.

L’osservazione sul campo e le interviste ai lavoratori delle concerie indicano poi una serie di problemi per la salute e la sicurezza sul lavoro. La maggior parte degli operai e delle operaie ha raccontato di soffrire di diversi disturbi come febbre cronica, problemi respiratori e irritazione agli occhi e alla pelle causati dal contatto diretto con agenti chimici della concia. Ciò potrebbe essere ricondotto all’insufficienza di equipaggiamento protettivo adeguato e di formazione specifica sulla sicurezza. A questo si aggiungono condizioni di lavoro estremamente precarie, salari da fame, contratti di lavoro irregolari e assenza di protezione assicurative sociali e per la salute. Questa combinazione tra malattie e insicurezza finanziaria costringe molti degli intervistati a una battaglia quotidiana per la sopravvivenza.

Nonostante l’India sia dotata di una regolamentazione e di norme stringenti in materia ambientale e di diritto del lavoro, compreso il settore delle concerie, “l’implementazione di queste regole è scarsa o del tutto assente, soprattutto in contesti informali o parzialmente illegali” come ricorda Pradeepan Ravi del Cividep. A ciò si aggiunge la mancanza di trasparenza che caratterizza tutto questo livello della catena di fornitura. “Questo è il punto su cui possono giocare un ruolo determinante i marchi nazionali e internazionali, responsabili tra le altre cose del rispetto dei diritti umani e degli standard ambientali” dichiara Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti, rappresentante italiana di Change Your Shoes. “In linea con i Principi Guida per le imprese e i diritti umani delle Nazioni Unite (UNGPs), i marchi dovrebbero stabilire una strategia di due diligence con mappe e analisi dell’intera catena di fornitura, in modo da identificare e intervenire sui rischi per gli esseri umani e per l’ambiente a ogni livello. Azioni concrete dovrebbero poi essere intraprese in accordo con le organizzazioni della società civile, i sindacati e gli altri attori significativi”.

Per questi motivi la rete degli attivisti che ha promosso Change Your Shoes chiede alle autorità indiane di rafforzare e implementare in maniera rigorosa le norme esistenti e agli stati membri dell’Unione Europea di predisporre un accordo legalmente vincolante che obblighi le aziende a mettere in pratica la due diligence in linea con gli UNGPs.

Questo nuovo rapporto rappresenta un ulteriore passo per far luce sul lato oscuro della produzione globale di pelle riguardo i rischi ambientali e per i diritti umani e completa il quadro delle indagini sinora svolte in diversi paesi e segmenti delle filiere delle calzature. Tali ricerche tracciano la rotta di catene di fornitura globali di cui l’Italla è parte integrante sia come sito produttivo che come mercato di consumo.