Una nuova analisi mostra cattive pratiche di divulgazione tra marchi come Armani e Versace Una nuova analisi mostra cattive pratiche di divulgazione tra marchi come Armani e Versace

Amsterdam, 3 novembre 2022 – Marchi di lusso come Armani, Versace, Michael Kors e Coach non forniscono informazioni chiave sull’origine dei loro prodotti in pelle. Secondo uno studio effettuato da SOMO, che 35 marchi di lusso sui 44 presi in esame non pubblicano gli elenchi dei fornitori presso i quali si riforniscono di pellame per tutti i loro articoli, come giacche, pantaloni, scarpe, cinture, guanti e borse. Ciò desta inevitabili preoccupazioni, in quanto l’industria mondiale della pelletteria è notoriamente associata ad abusi dei diritti dei lavoratori e inquinamento ambientale.

Solo una manciata di marchi di lusso fornisce alcune informazioni sull’origine dei loro prodotti in pelle. Tra questi ci sono Bally, Zegna e Fendi. Ma la strada da fare è ancora molto tanta. Le informazioni fornite da queste aziende sono ben lungi dall’essere complete. Nel frattempo, la maggior parte dei marchi non pubblica affatto un elenco di fornitori, non raggiungendo nemmeno quanto previsto dagli standard più elementari.

Martje Theuws di SOMO dichiara: “La nostra analisi mostra che le aziende che operano nel lusso sono rimaste decisamente indietro. Questo è scioccante. Se un’azienda conosce i propri fornitori e la propria filiera, non c’è motivo per non pubblicare un elenco di fornitori. Se invece un’azienda non conosce la propria filiera, ciò solleva seri interrogativi sulla due diligence dell’azienda”.

L’importanza degli elenchi dei fornitori

Gli elenchi dei fornitori rappresentano uno strumento consolidato nel settore dell’abbigliamento, che consente a diversi gruppi – lavoratori, investitori e consumatori – di risalire all’origine delle merci. La divulgazione di informazioni sulla catena di fornitura è considerata un passo importante sulla lunga strada per garantire condizioni di lavoro dignitose.

Sul totale delle 100 aziende analizzate da SOMO, 44 delle quali sono marchi di lusso, calzature e altre aziende operanti nel settore della pelletteria, meno di un terzo (29 su 100) pubblica un elenco di fornitori. Solo 17 aziende forniscono informazioni su impianti di trasformazione e fornitori di materie prime . Le società di beni di lusso hanno ottenuto risultati inferiori alla media. Solo il 20% dei marchi di lusso (9 su 44) ha divulgato i nomi dei propri fornitori.

Pessime condizioni di lavoro

I lavoratori dell’industria globale del settore pelletteria spesso devono affrontare condizioni di lavoro dure e abusive. Stipendi inadeguati, orari di lavoro estenuanti e precariato sono condizioni segnalate spesso nei paesi con produzione a basso salario. Le sostanze chimiche impiegate nella lavorazione della pelle possono essere tossiche e, per i lavoratori che non sono dotati di adeguate protezioni, l’esposizione può portare a gravi problemi di salute. Situazioni occupazionali problematiche sono state riscontrate anche in Europa, dove i lavoratori -migranti, in particolare- possono imbattersi in lavori caratterizzati da condizioni davvero pessime.

Pochissime informazioni divulgate dai marchi

Nessuna azienda del nostro campione divulga informazioni sui salari che guadagnano i lavoratori nei loro centri di fornitura. Solo 4 delle 29 aziende che pubblicano un albo fornitori riportano in tali elenchi informazioni sugli indicatori relativi alla libertà di associazione e contrattazione collettiva. Nel segmento del lusso, solo Zegna fornisce informazioni relative a questi temi.

“Queste aziende pubblicano informazioni e rapporti, alcuni dei quali restituiscono un’immagine molto positiva della loro responsabilità aziendale, ma la mancata pubblicazione degli elenchi completi dei fornitori è una questione spinosa. Informazioni sporadiche sui problemi della catena di fornitura non consentono controlli adeguati. Un simile approccio può nascondere tanto quanto rivela”, osserva Martje Theuws.

Le iniziative volontarie non impongono la trasparenza

Più del 50% dei marchi di lusso presi in esame (24 su 44) partecipa a iniziative volontarie multi-stakeholder o a schemi di certificazione.

Martje Theuws afferma: “L’analisi di SOMO mostra che questo tipo di iniziative volontarie non garantisce la divulgazione della catena di fornitura perché non impone la trasparenza ai propri membri. Pertanto, è fondamentale che la prossima legislazione sulla responsabilità aziendale a livello europeo e negli Stati membri dell’UE includa l’obbligo per le aziende di divulgare pubblicamente le informazioni sulla filiera.”[1]

Indagine sulle informazioni pubbliche di 100 aziende

Per questa analisi, SOMO ha selezionato 100 aziende nei segmenti dei beni di lusso e delle calzature nel settore pelletteria. Inoltre, è stato incluso un certo numero di rivenditori online. Tra queste 100 aziende figurano alcuni dei maggiori operatori in termini di dimensioni aziendali, fatturato e quota di mercato. Per la sua analisi, SOMO ha utilizzato informazioni provenienti da una serie di fonti pubbliche, tra cui i siti web aziendali e l’Open Apparel Registry. Oltre al nostro rapporto, stiamo lavorando alla pubblicazione di un documento di discussione sul tipo di informazioni che le aziende dovrebbero divulgare per quanto concerne la catena di fornitura.

SOMO ha chiesto ad Armani, Coach, Michael Kors e Versace di rispondere alle preoccupazioni per la mancata pubblicazione di un elenco di fornitori. Le aziende non hanno risposto.

[1] Diversi paesi europei (ad es. Germania e Paesi Bassi) stanno preparando o attuando la legislazione sulla responsabilità aziendale. Inoltre, l’Unione Europea sta elaborando una legislazione sulla due diligence. Per ulteriori informazioni su questi sviluppi legislativi, consultare il sito web:https://corporatejustice.org/publications/map-corporate-accountability-legislative-progress-in-europe/

Per saperne di più: