La repressione delle proteste dei lavoratori in Bangladesh mostra la mancanza di rispetto da parte del governo per le libertà fondamentali.

Migliaia di lavoratori in Bangladesh sono scesi in strada per protestare contro la recente revisione dei salari nel settore tessile. Quando la polizia di Dhaka ha iniziato a sparare proiettili di gomma e gas lacrimogeni sulla folla, un lavoratore è rimasto ucciso e molti altri feriti.

La Campagna Abiti Puliti, sezione italiana della Clean Clothes Campaign, condanna con forza la violenta repressione del diritto di manifestare e chiede al governo di fermare la violenza e le intimidazioni ai lavoratori e sindacalisti e di smetterla di ignorare le loro richieste.

Il clima generale è pessimo. Le proteste si svolgono in un quadro generale disastroso per la libertà di associazione nel Paese, già evidenziato dalla crisi irrisolta del 2016 in Ashulia, quando in una settimana dozzine di fabbriche chiusero, più di 1500 lavoratori furono licenziati, circa 30 operai e sindacalisti furono arrestati e 50 leader sindacali costretti a nascondersi. Molti hanno ancora accuse pendenti nei loro confronti e sono in costante rischio di arresto.

Il governo del Bangladesh ignorò le richieste di aumento salariale nel 2016. Durante il lungo processo di revisione dei salari dello scorso anno non ha tenuto conto della richiesta dei lavoratori di 16.000 taka (164 euro). Il nuovo salario minimo per i lavoratori meno qualificati è stato fissato solo alla metà: 8.000 taka (82 euro). Per la maggior parte de lavoratori, la nuova revisione non ha praticamente corrisposto nessun aumento del salario base. Allo stesso tempo, le fabbriche stanno prendendo misure contro i lavoratori per mitigare l’effetto del presunto aumento.

Nonostante un clima di paura e intimidazione oltre la già limitata libertà di associazione in Bangladesh, soprattutto in vista delle elezioni nazionali del 30 dicembre, lavoratori e sindacalisti hanno ripetutamente espresso il loro malcontento durante il processo di revisione e dal momento dell’annuncio dell’introduzione del salario minimo.

Durante questo processo di revisione, la Clean Clothes Campaign ha chiesto ai marchi internazionali e ai distributori di sostenere pubblicamente le rivendicazioni dei lavoratori. Alcuni di essi hanno espresso la speranza che la voce dei lavoratori fosse ascoltata ma non si sono impegnati a sostenere una cifra specifica. Quando poi l’annuncio e l’incremento del salario minimo si è dimostrato ben al di sotto delle richieste e della soglia di salario dignitoso, nessuno di questi marchi ha detto nulla.

Le manifestazioni si stanno svolgendo in un momento in cui gli occhi del mondo e dell’industria dell’abbigliamento sono già concentrati sul Bangladesh, dopo la controversa vittoria del partito al potere e con l’Alta Corte in procinto di decidere sul futuro dell’Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh.

Anche se il governo ha ripetutamente preso impegni a livello internazionale per migliorare la situazione dei lavoratori, le recenti modifiche sono insufficienti per contrastare le preoccupazioni nazionali e internazionali. La libertà di associazione sindacale rimane fortemente ridotta, il che ostacola l’espressione degli interessi dei lavoratori.

Leggi anche…