Il network globale della Clean Clothes Campaign condanna fermamente il comportamento silente dei marchi di abbigliamento, tra cui Aldi North, Lindex e Marks & Spencer, sulle atrocità commesse dai militari in Myanmar in seguito al colpo di stato militare intervenuto all’inizio di febbraio. Marchi come H&M, Next, C&A, Primark e Benetton hanno sospeso le forniture, ma ciò non elimina la loro responsabilità nei confronti dei lavoratori e delle lavoratrici con riferimento al pagamento dei salari e delle liquidazioni a loro spettanti.

I lavoratori e le lavoratrici tessili hanno giocato un ruolo chiave nelle proteste in corso a favore della democrazia, combattendo per i loro diritti e libertà e correndo rischi in prima persona. La repressione violenta dell’esercito prende di mira chi partecipa al movimento di disobbedienza civile: negli ultimi due mesi, i militari hanno ucciso più di 500 persone.

All’inizio di marzo, la CCC ha invitato i marchi di abbigliamento che si riforniscono dal Myanmar a prendere una serie di misure concrete per proteggere i diritti e la sicurezza dei lavoratori dell’abbigliamento. Per anni i marchi che si riforniscono dal Myanmar hanno sfruttato le deboli leggi sul lavoro e la miseria delle retribuzioni per fare profitti e guadagni. Ora, in questo momento di crisi, non possono negare sostegno attivo ai lavoratori.

Fra i marchi che non hanno fornito risposte pubbliche alla devastante situazione in Myanmar vi sono Aldi North, Lindex e Marks & Spencer. È vergognoso che i marchi tessili non diano la priorità alla protezione dei diritti umani e delle vite, specialmente in considerazione dell’urgenza di tale situazione.

H&M, Next, C&A, Primark, Benetton e tutti i marchi con filiere in Myanmar devono agire proattivamente per garantire i salari e il sostentamento delle persone che producono i loro vestiti in questo momento di crisi. È fondamentale che i marchi facciano pressione sui militari attraverso dichiarazioni pubbliche, ammettendo che il ritiro degli ordini dai loro fornitori è un risultato diretto del colpo di stato militare e dell’attacco alla democrazia e ai diritti umani, e non dovuto a questioni logistiche.

Chiediamo a tutti i marchi, distributori e produttori attivi in Myanmar di prendere misure immediate per proteggere i lavoratori dell’abbigliamento. Hanno la responsabilità di assicurare ai lavoratori il pagamento dei loro salari o, in caso di perdita del lavoro o di chiusura della fabbrica, dell’intera liquidazione loro dovuta. Non solo, i marchi devono anche assicurarsi presso i fornitori che i lavoratori non debbano affrontare misure punitive per aver saltato il lavoro, indipendentemente dal fatto che si siano uniti alle proteste, che non siano in grado di andare al lavoro o che siano tornati ai loro villaggi in quanto legittimamente preoccupati per la loro sicurezza.

Il numero di morti per mano dei militari aumenta ogni giorno. I marchi non possono più rimanere in silenzio.