Le risposte al nostro questionario inviato alle imprese presenti nella lista nera della CISL

a cura di Ersilia Monti

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FEBBRAIO 2008
– Come ricorderete, il sindacato italiano CISL ha reso pubblica nell’autunno scorso la lista delle imprese italiane che commerciano con il regime birmano (vedi Newsletter n. 7, ottobre 2007). Abbiamo inviato un questionario alle imprese del tessile-abbigliamento e della grande distribuzione presenti nella lista: Anzi Besson, Arena Italia, Asics Italia, Auchan, Conceria Masini, Conte of Florence, Cose di Lana, Gariglio Confezioni, Gruppo Coin, Inticom, Monnalisa, Nencini Sport, Zeus Sport. Non siamo riusciti a rintracciare i recapiti di I.T. Italtessile che figura per altro nella parte alta della lista e di Six Jeans; non sono state contattate per difficoltà diverse Gruppo Pam, Centro Moda, Sport Up. Alcune imprese possono esserci sfuggite in quanto non facilmente identificabili.

Ecco le risposte in sintesi:

ANZI BESSON (azienda torinese fornitrice di abbigliamento per lo sci per sei squadre nazionali): non risponde al questionario. Contattata telefonicamente, la responsabile marketing e comunicazione dichiara che l’azienda non ha rapporti con la Birmania ma non ritiene di rispondere a domande né nello specifico né in generale sulle politiche commerciali aziendali.

ARENA ITALIA (azienda di Macerata parte di un gruppo internazionale, abbigliamento per il nuoto): ha risposto al questionario. Dichiara di aver cessato i rapporti commerciali con aziende produttive in Birmania dai primi mesi del 2007. Riguardo alle garanzie richieste ai fornitori, afferma: “Compatibilmente con l’esistenza di un panel di fornitori piuttosto ricco, che annualmente comporta avvicendamenti “fisiologici” con l’ingresso di nuovi partner e la dismissione di altri, ciascuna relazione tra Arena e ogni singolo partner/produttore è regolata da un formale contratto di fornitura […] ciascun contratto contiene una appendice interamente dedicata al codice etico di comportamento che Arena considera come prerequisito fondamentale per iniziare un percorso comune con qualsiasi azienda partner […] Gli impegni richiesti in sede contrattuale costituiscono i presupposti su cui si innestano le nostre periodiche visite ispettive”.  Allega copia del codice di condotta

ASICS ITALIA: non risponde al questionario. Contattato telefonicamente, il responsabile ufficio acquisti dichiara che l’azienda ha interrotto gli approvvigionamenti dalla Birmania dal gennaio 2007. Non fornisce precisazioni in merito alle garanzie socio-ambientali richieste ai fornitori.

AUCHAN: ha risposto al questionario. Dichiara di aver effettuato un’unica importazione dalla Birmania per una tipologia di prodotto tessile, cessata dopo aver accertato, nel maggio 2007,  che il partner commerciale cinese si riforniva per quello specifico prodotto in Birmania. Non esclude che possano trovarsi sugli scaffali degli ipermercati Auchan alcuni esemplari del prodotto in questione fino all’esaurimento delle scorte. Riguardo alle garanzie richieste ai fornitori, afferma: “Auchan pretende che tutti i lavoratori della filiera produttiva siano trattati con dignità e rispetto, in un ambiente sicuro e sano. La nostra volontà è di commercializzare prodotti realizzati in ottemperanza ai principi di etica commerciale, che rispettino i requisiti legali ed i diritti di proprietà intellettuale. Per rafforzare questo impegno, Auchan ha sviluppato un Codice di Etica Commerciale che racchiude i principi e gli standard operativi e condiviso questo codice con tutti i fornitori per garantire che le pratiche di business di tutta la filiera siano assolutamente coerenti. Auchan ha chiesto a tutti i fornitori di sottoscrivere formalmente l’impegno ad aderire ai nostri principi, e ad adottare le azioni necessarie per aderirvi in modo sostanziale. I temi sui quali il nostro Codice di Etica Commercial esige il rispetto degli standard sono vari e vanno dal divieto del lavoro minorile e del lavoro forzato all’obbligo di garantire un luogo di lavoro sano e sicuro, dall’orario di lavoro ai salari minimi, dalla libertà sindacale ai divieti di discriminazioni”. Non allega copia del codice di condotta.

CONCERIA MASINI (azienda di Pisa, trattamento pelli per calzature): non risponde al questionario; ripetuti  tentativi di contatto telefonico infruttuosi.

CONTE OF FLORENCE (azienda di Firenze, abbigliamento per lo sport e il tempo libero): fornisce una risposta parziale. Dichiara di aver interrotto i rapporti con partner commerciali che si rifornivano in Birmania, per ragioni non dipendenti dalla risoluzione OIL della quale l’azienda non era a conoscenza, a partire dalla stagione 2004/05. Aggiunge che i volumi trattati non erano per l’azienda significativi. Non fornisce precisazioni in merito alle garanzie socio-ambientali richieste ai fornitori.

COSE DI LANA (azienda di Arezzo, maglieria): non risponde al questionario. Contattato telefonicamente, il responsabile importazioni dichiara che l’azienda non ha rapporti con la Birmania, ma si riserva di svolgere un’indagine interna. Nessuna reazione successiva.

GARIGLIO CONFEZIONI (azienda di Vercelli, impermeabili e cappotti): non risponde al questionario. Contattata telefonicamente,  la segreteria aziendale conferma la ricezione della richiesta ma non garantisce la risposta dei titolari. Nessuna reazione successiva.

GRUPPO COIN: ha risposto al questionario. Dichiara di aver realizzato un’unica produzione di camiceria uomo con un unico fornitore in Birmania e di aver in seguito deciso di cessare le importazioni nonostante l’azienda in questione rispettasse gli standard prescritti dal gruppo. Riguardo alle garanzie richieste ai fornitori, afferma: “Tutti i nostri fornitori, prima di entrare a far parte del nostro parco dei “fornitori nominati”, devono sottoscrivere un impegno [di tipo etico, con riferimento anche al] lavoro minorile, tema rispetto al quale siamo particolarmente sensibili. Prima di iniziare qualsiasi relazione con il gruppo, i fornitori vengono sottoposti ad audit da parte di aziende internazionali esperte in materia per verificare che quanto dichiarato corrisponda alla realtà. Una volta superato l’audit ed instaurato un rapporto commerciale, saltuariamente personale del gruppo Coin appositamente addestrato effettua quotidianamente, a rotazione, dei controlli sui fornitori. Anche nel caso dell’azienda birmana abbiamo effettuato quanto dichiarato”.

INTICOM (azienda di Varese, intimo femminile con marchio Yamamay): non risponde al questionario. Contattato telefonicamente, il responsabile acquisti e importazioni dichiara di essere a conoscenza di un’unica operazione commerciale con la Birmania mai realizzata. Si riserva di verificare e di rispondere. Nessuna reazione successiva.

MONNALISA (azienda di Arezzo, abbigliamento per bambine): ha risposto al questionario. Dichiara che una ricerca accurata svolta nell’intera catena di fornitura dell’azienda al ricevimento del questionario non ha evidenziato alcun tipo di relazione commerciale con la Birmania. Ritiene possa trattarsi di un caso di omonimia con un’altra azienda e comunica di aver avviato un’indagine in merito chiedendo la collaborazione del sindacato. Riguardo alle garanzie richieste ai fornitori, afferma: “Due volte l’anno, abitualmente, visitiamo i laboratori esteri che lavorano per noi e ci avvaliamo di un servizio internazionale di controllo tramite SGS International per le aziende più lontane, nel rispetto della norma SA8000 alla quale abbiamo aderito e che ci contraddistingue dal 2002”.

NENCINI SPORT (distributore di articoli sportivi nel centro Italia): non risponde al questionario. Contattato telefonicamente, il direttore generale dichiara che l’azienda non importa dalla Birmania. Si riserva di verificare e di rispondere. Nessuna reazione successiva.

ZEUS SPORT (azienda di Napoli, abbigliamento sportivo): non risponde al questionario. Dopo un contatto telefonico viene rispedito il questionario. Nessuna reazione successiva.