Accordo raggiunto alla A-One

I lavoratori illegalmente licenziati dal fornitore della italiana Tessival accettano il pagamento della liquidazione dopo due anni di lotta.

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FEBBRAIO 2008
– Dopo due anni di lotta per la giustizia, 50 lavoratori della A-One in Bangladesh hanno finalmente ricevuto una compensazione dall’impresa italiana Tessival, unico cliente rimasto.
I lavoratori, che hanno ricevuto la somma di 5.000 Taka ciascuno (53,50 euro), erano stati licenziati nell’Ottobre 2005, dopo avere partecipato alle elezioni di un Comitato interno di Rappresentanza (WRWC) alla A.One, fabbrica situata nella Zona Franca per l’Esportazione (EPZ) di Dhaka. Sebbene i lavoratori avessero chiesto il reintegro in fabbrica, sono stati alla fine costretti ad accettare il risarcimento per fare fronte ai bisogni delle loro famiglie. La A-One era fornitore di diverse imprese internazionali, incluse Tessival, Coin, Tchibo, Miles e C&A.

I lavoratori della A-One e i loro difensori ringraziano quanti hanno dato il loro contributo e supporto in questi due anni. Il sostegno della campagna internazionale ha consentito il raggiungimento di un accordo, seppur parziale.

La campagna di A-One contro l’affermazione dei diritti dei lavoratori.

Le violazioni delle condizioni di lavoro alla A-One nel 2005 includevano l’ostacolo alla libertà di associazione sindacale, lo straordinario obbligatorio, salari sotto il mimino e orari estenuanti. Quando il management decise di licenziare il Comitato di Rappresentanza eletto e altri 246 lavoratori, gli operai cominciarono una protesta pacifica durata 10 mesi. I licenziamenti erano parte della strategia di A-One per scoraggiare il tentativo di organizzazione sindacale in fabbrica, nonostante le regole della EPZ prevedessero la possibilità di eleggere comitati interni di rappresentanza.

Nel giugno 2006, i lavoratori tessili del Bangladesh, inclusi quelli della A-One, si riversarono nelle strade per protestare contro le insopportabili condizioni di lavoro e le ripetute violazioni nelle EPZ. Dopo che il governo Bengalese si era impegnato a aumentare il salario minimo e ad assumere posizioni chiare contrarie agli industriali che rifiutavano di rispettare misure elementari di salute e sicurezza, le proteste si placarono. La A-One, che aveva chiuso durante le manifestazioni, riaprì, ma I 255 lavoratori non furono riassunti. 50 lavoratori continuarono a battersi per il reintegro mentre il resto fu costretto ad accettare un’insufficiente liquidazione e a cercare un nuovo posto lavoro.

Tessival ha pagato la liquidizione, ma ha fallito il compito di fare quanto in suo potere per ottenere giustizia

Quando la A-One riaprì, Tessival era l’unico cliente europeo rimasto. Gli indumenti prodotti alla A-One erano distribuiti sul mercato con il marchio Herod, posseduto da Tessival, ma anche con il marchio Oviesse del gruppo Coin, che utilizzava Tessival come proprio agente.

Il 15 Febbraio 2007, la CCC aveva incontrato Tessival per cercare una soluzione peri rimanenti 50 lavoratori. Tessival rifiutò di fare pressione sul suo fornitore per la loro riassunzione, e offrì invece di pagare direttamente la liquidazione. I 50 lavoratori valutarono di non avere altra scelta se non quella di accettare il pagamento della somma, pervenuta il 25 di ottobre 2007, direttamente dalla Tessival.

La CCC è fortemente delusa dal fatto che nessuno dei committenti della A-One abbia seriamente lavorato per attuare il rispetto della libertà di associazione sindacale, per quanto debole, nella EZ di Dhaka.

Questo è particolarmente grave dato che era stato raggiunto un accordo preliminare il 7 Marzo del 2006 tra il cliente Tedesco Tchibo, il suo agente Systain, il management di A-One e l’ ITGLWF che prevedeva il reintegro dei lavoratori e l’insediamento del Comitato di Rappresentanza. Purtroppo l’accordo non è mai entrato in vigore.

Quale ultimo cliente rimasto, il rifiuto della Tessival di utilizzare il suo potere contrattuale per chiedere il reintegro dei lavoratori alla A-One è da ritenersi del tutto insoddisfacente. Tuttavia, la CCC riconosce la volontà della Tessilval di pagare la liquidazione   spettante ai 50 lavaoratori, come un primo passo nella direzione di assumere la responsabilà per il rispetto degli standard  sociali nella sua catena di fonitura.