I lavoratori dell’abbigliamento sono tra i più economicamente vulnerabili nella crisi COVID-19, a causa delle disuguaglianze strutturali nelle catene globali di fornitura. Un appello lanciato oggi dalle organizzazioni per i diritti dei lavoratori e dai sindacati, esorta le aziende di abbigliamento a garantire che tutti i lavoratori delle loro catene di fornitura ricevano il trattamento retributivo migliore fra il loro stipendio contrattuale e quello garantito dalla legge, inclusi i benefit.

Annullando gli ordini, ritardando la pianificazione di nuovi ordini o forzando sconti su merci già prodotte, le aziende di abbigliamento hanno creato una situazione in cui i fornitori non sono in grado di pagare i lavoratori in tempo o addirittura per nulla. Dopo la recente protesta pubblica, un certo numero di aziende si sono impegnate a pagare tutti gli ordini effettuati prima della pandemia. Ma questo non è sufficiente.

Oggi, le organizzazioni di attivisti per i diritti del lavoro e i sindacati esortano le aziende di abbigliamento ad impegnarsi pubblicamente per garantire che tutti coloro che lavorano lungo la filiera del settore dell’abbigliamento, tessile, calzaturiero e logistico, impiegati all’inizio della crisi COVID-19, ricevano il loro stipendio contrattuale o stabilito per legge con i benefit, comprese le retribuzioni arretrate o l’indennità di licenziamento. Inoltre, queste organizzazioni esortano le imprese ad assicurare il pagamento di un premio aggiuntivo sugli ordini futuri per stabilire un fondo di garanzia vincolato con l’obiettivo di sostenere una maggiore protezione sociale per i lavoratori.

Le aziende hanno la responsabilità di prevenire, mitigare e porre rimedio alle violazioni dei diritti umani nelle proprie catene di fornitura. Garantendo che i lavoratori ricevano il salario dovuto, le imprese adempiono in parte ai loro obblighi di dovuta diligenza, che comprendono anche la garanzia di un trattamento non discriminatorio dei lavoratori, protezione sociale e condizioni di lavoro sicure che non espongano i lavoratori a infezioni o ad altri rischi per la salute.

Le organizzazioni della rete della Clean Clothes Campaign contatteranno le imprese di abbigliamento con queste richieste direttamente e attraverso una campagna pubblica imminente.

Background

Dall’inizio di questa pandemia, con il prosciugamento della fornitura di materie prime dalla Cina, i lavoratori dell’abbigliamento hanno sofferto economicamente, e i lavoratori in Asia in particolare si sono trovati di fronte alla chiusura di fabbriche e al mancato pagamento di salari e indennità di licenziamento. Da marzo, quando molti paesi hanno deciso le serrate nazionali per contenere il virus, i lavoratori dell’abbigliamento hanno lavorato in condizioni non sicure, non hanno ricevuto i loro salari, e hanno subito licenziamenti discriminatori o ristrutturazioni quando i marchi di abbigliamento hanno improvvisamente annullato o rifiutato di pagare il prezzo concordato per gli ordini. Salari di povertà sono endemici in tutta l’industria e, per i lavoratori dell’abbigliamento, essere pagati in ritardo significa non avere abbastanza risorse per comprare cibo. In Bangladesh, migliaia di lavoratori hanno avuto poca scelta se non scendere in piazza in proteste di massa da aprile, inizialmente per chiedere il loro salario di marzo, poi il loro salario di aprile, e più recentemente i bonus legalmente dovuti per l’Eid.

Le aziende del settore dell’abbigliamento hanno beneficiato per decenni del lavoro a basso salario – che in genere rappresenta solo un terzo del salario minimo dignitoso – in paesi con scarsa protezione sociale e leggi sul lavoro permissive. Ciò ha permesso alle imprese di accumulare profitti che hanno riempito le tasche dei proprietari miliardari delle aziende e dei loro azionisti. Assumendo consapevolmente il rischio di costruire profitti su un sistema a basso costo che non ha permesso l’istituzione di meccanismi di protezione sociale o di pagare i lavoratori abbastanza per consentire risparmi, queste aziende ora devono affrontare le conseguenze e pagare i lavoratori quello che gli spetta.

Le imprese si impegnino a garantire i salari pubblicando la seguente dichiarazione:

[Nome azienda] assicura pubblicamente che tutti i lavoratori della filiera dell’abbigliamento, tessile, calzaturiero e logistica impiegati nella nostra catena di fornitura, che erano già impiegati all’inizio della crisi di Covid-19, indipendentemente dallo status lavorativo, riceveranno i loro stipendi e benefici legali o contrattuali, in base al trattamento migliore, inclusi gli arretrati salariali (stipendio arretrato) e, se del caso, la liquidazione negoziata.

Forniremo fondi sufficienti a garantire che, in combinazione con altri aiuti forniti ai lavoratori da parte di datori di lavoro, governi locali e istituzioni internazionali, i lavoratori abbiano un reddito pari a quello ricevuto prima della crisi. In tal modo, forniremo immediato e necessario sollievo ai lavoratori, ed eserciteremo la nostra responsabilità di prevenire e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani nelle nostre catene di approvvigionamento, e di provvedere o cooperare nella riparazione del danno.

In futuro, sosterremo una maggiore protezione sociale per i lavoratori impegnandoci a pagare un premio sul prezzo degli ordini futuri da versare in un fondo di garanzia riservato alle indennità di licenziamento e ai salari arretrati nei casi in cui i datori di lavoro della nostra filiera siano insolventi, o altrimenti abbiano licenziato lavoratori, firmando un accordo vincolante con i sindacati dei lavoratori del settore, in linea con la raccomandazione 202, la Convenzione 95 e la Convenzione 76 dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro.